12 marzo 2020

Eleftheria Sapountzì e la Libertà in un tempo di eterno presente

Eleftherìa in greco vuol dire Libertà ed Eleftherìa Sapountzì, nella sua breve vita, ha dato pieno senso al proprio nome. La sua Libertà risiedeva nella capacità di esprimersi con intensità e naturalezza attraverso la poesia e il teatro, nell’appagare la sua grande sete di vita tramite l’arte e la conoscenza, nell’agire sempre con grande generosità d’anim.
Ho conosciuto la poesia di Eleftherìa Sapountzì grazie a un suo amico di vecchia data, al quale sono riconoscente per questo, sebbene univoco purtroppo, incontro.
Forse perché nata solo due mesi prima di lei, ho nutrito sin da subito una grande curiosità per quel volto impresso su quattro polaroid. Il suo sorriso tra i monti, che si distende libero come ali di libellula e rivela candide file di perle, il suo sguardo di seta lucente e di lama dorata, resi immortali dalla pellicola, esprimono già a prima vista una smisurata sete di vita e un’intelligenza fuori dall’ordinario.
La mia curiosità si è tramutata poi in sincero interesse, quando ho iniziato a scorrere i suoi versi e a scorgervi una poesia intimista, ironica e surrealista, femminile e inquieta, impregnata di mito e di tragedia.
Eleftherìa ha soli 22 anni quando Kastaniotis, una delle maggiori case editrici elleniche, pubblica la sua prima silloge poetica.
Pur presentando una propria autonomia espressiva, la poesia di Eleftherìa appartiene in pieno alla generazione artistica nella quale si è formata, quella degli anni Novanta. Caratterizzata da forme e da stili diversi, questa generazione volge lo sguardo tanto al postmodernismo che e alla tradizione poetica del Novecento, in particolare alla Generazione, cosiddetta, del Trenta, nota in Italia grazie a giganti come Seferis, Elytis e Ritsos.

La seconda raccolta di Eleftherìa, In un tempo di eterno presente (traduzione di Viviana Sebastio, Edizioni Ensemble, Roma 2022)  esce postuma, a dieci anni dalla prima, e grazie alla volontà di alcuni amici e colleghi molto vicini all’autrice. 
Liberate dall’archivio in cui l’artista le aveva riposte, le poesie vengono scelte una per una, ipotizzando cosa la stessa poetessa avrebbe voluto pubblicare e cosa no.
Scritte nell’arco di circa un decennio, tra soggiorni in Grecia e in Germania, non datate e prive di titolo, queste poesie svolgono per Eleftherìa una funzione catartica e di protezione per la sua “sensibilità di seta”:
circolo libera
solo fragile
solo il «non toccare» devo nascondere.


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