È bello fuori...
Due mesi dopo. Con le uniche uscite per far la spesa, il giro con il cane o una boccata d’aria con il passeggino. Cosa ci resta dentro di tanto dentro? Cammini dal quartiere di Kypseli a piazza Syntagma e ci pensi. Pensi che le tue gambe non sono più abituate alle lunghe distanze e che è la prima volta che guardi così quelle strade arcinote. Con gli occhi rivolti verso l’alto, come quando visiti per la prima volta una città straniera e cerchi di vederla tutta. Ci mancava poco che non uscissi affatto. Oggi anche il tempo è grigio. Dove dirigere la propria rotta in mezzo alla pandemia? E mentre sei irrimediabilmente già fuori pensi a quanto sarà difficile tornare alla normalità e che forse non avrai più tanta voglia di uscire. E ti accorgi che siamo distanti una birra dal nostro precedente io.
Mentre pensi, senza neanche rendertene conto passi davanti ai tuoi ritrovi preferiti, abbandonati, orfani della tua tenacia nel frequentarli, sono lì in attesa, quasi in agguato. E sotto uno sguardo insonne scopri d’un tratto conoscenti, in piedi dietro le mascherine e ascolti le loro novità riducendo un po’ il distanziamento. «Pensavo di chiamarti», «Come te la passi?», «Tutto bene?». Domande generiche eppure specifiche nella loro vaghezza. Perché tutti, più o meno, viviamo versioni dello stesso tema, e a narrarci è il nostro stesso luogo. «Ci vediamo per una passeggiata all’isola pedonale o da qualche altra parte in periferia?». Sì, vediamoci.